Il Viandante Cosmico
Il Viandante Cosmico è un racconto di avventura a bivi (CYOA, o Choose-Your-Own-Adventure) che cambia genere letterario, sviluppo, comportamento dei personaggi, epilogo e tanto altro ancora a seconda delle scelte del lettore. Costui avrà l’opzione di implementare alcune regole speciali, fra cui la modalità gioco da tavolo e/o gioco di ruolo, così da fruire delle sfaccettature del romanzo interattivo come gli si addice.
In un primo momento queste sfumature della storia potrebbero sembrare fini a sé stesse, ma, in realtà, faranno tutte parte di uno spettacolare segreto. Se l’impavido vagabondo - con o senza l’aiuto di altri giocatori - vorrà scoprirlo, dovrà farsi carico del peso della conoscenza... Anche se nessuno gli vieta di inseguire una vocazione da eremita, da lavapiatti, da gladiatore stellare, da signore della droga, da cacciatore di titani, da imperatore o che dir si voglia. Già, perché qui - nel libro dove tutto è nelle tue mani - nessuno ti dirà quale via seguire. Sarai solo con te stesso... Contro tutti.
Devi sapere che negli anni '70 e '80, simili opere facevano da ponte tra i libri di narrativa e i classici GDR pen & paper. Da lì nacque la filosofia di dar carta bianca al lettore su come evolve la sua vita (ad esempio i modi in cui si relaziona con gli altri, se li combatte all’ultimo sangue, o se preferisce invece coglionarli - come spesso accade in The Cosmic Wayfarer). Per cui, a te la matita! Esplora dozzine di mondi completi di biomi e alieni unici, risolvi enigmi fantasiosi, e scegli il tuo destino!
IL LIBRO DOVE *TU* SEI UN PEZZENTE SPAZIALE

• Progressi del Progetto ▰▰▰▰▰▰▰▱▱▱ 70%
☑ Scrittura del libro completata.
☑ Otto modalità di gioco collaudate.
☑ Diciotto finali, di cui uno canonico.
☑ 42 Missioni (Primarie e Secondarie).
☑ 12 Mappe illustrate, a colori e senza.
☑ 280 Oggetti realizzati, fra cui armi, armature, gadget, chiavi, spazzatura...
☑ Implementati tutti i vari sistemi (tabelle di combattimento, mini-giochi con
i dadi, combattimento con le astronavi e sulla terraferma, crafting, eccetera).
☑ Sito internet disponibile (in fase beta). Clicca qui.
☐ Ulteriore editing, proofreading e playtesting necessari.
☐ Colonna sonora ancora da terminare. Cercasi musicisti qui.
☐ Alcune illustrazioni "vintage" mancanti. Cercasi illustratori qui.

(3) Un solido portello scorre in alto, emettendo un suono tondo appena scocca sul punto di apertura completa. Dentro vi risiede una cabina d’ascensore molto bene illuminata, dai motivi e le tinture vintage che al giorno d’oggi appaiono come un grido lontano di ciò che fu. I lati sono foderati in pelle, con giusto i corrimano e gli specchi ad avere finiture diverse. In questo modo, gli occhi riposano dall’altrimenti ubiquo marroncino. Dei cenni di colore vengono osati anche sul tastierino per la selezione dei piani, essendo orpellato di nodi d’oro ma niente più. Per il resto, anch’esso appartiene a un gusto e una tecnologia obliata; talché fa un po’ strano avercelo qui davanti agli occhi... Tra l’altro, ora che lo guardi meglio, noti come la maggior parte dei piani si ponga nel sottosuolo; salvo per il pianoterra. Questo non ha alcun senso. Se di norma una galleria artistica punta a fatturare, per quale ragione al mondo si troverebbe in una gabbia di matti dove nessuno può apprezzarla e né sostenerla? Non soltanto è costruita in un punto affatto strategico, è anche fisicamente irraggiungibile per quelli che provengono da su, quelli che i soldi ce li hanno eccome! È tutto così strano... Troppo strano.
Però devi prendere una scelta: quale bottone schiacci?
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PT (Pianterreno). Torna a (1).
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B1 (1° Piano Interrato). Vai a (4).
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B2 (2° Piano Interrato). Vai a (5).
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B3 (3° Piano Interrato). Vai a (6) .
(1) Ti fermi ad inquadrare il maestoso spettacolo di grattacieli vertiginosi e locali opulenti, che ora sorgono là dove c’erano le strade; i colonnati di acciaio a fare da sostituti. Gli stessi cieli si snaturano dalla fulgida cortina di fari che punta perennemente al di sopra delle palazzine. Quest’ultime, si uniscono in alto, grazie ad una fitta presenza di ponti e tubazioni pennellati di spie luminose. È là in cima che vagano i pedoni, mentre, quelli come te, brulicano nella penombra dei fondali, tra questi freddi pilastri dove serpeggia la delinquenza. Meglio filare, prima che qualcuno si faccia venire in mente strane idee... Turlupinatori, branchi di teppistelli, potrebbero rovinare una serata che già non era partita con il piede giusto. Di conseguenza, tira il dado: ad uscire sarà il numero di tappe che ti è dato esplorare, dopodiché opterai per seguire l’ultima opzione del seguente elenco.
◉ Se entri in uno dei rari edifici accessibili dal basso, vai a (2).
◉ Se ti va di fare un salto al rinomato Neon Bar, vai a (???).
◉ Se metti da parte l’onore ed elemosini sopra i ponti, vai a (???).
◉ Se vuoi sentire che aria tira nell’intramontabile Disco Jumbo, vai a (???).
◉ Se hai in mente di volertela spassare in un modesto bordello, vai a (???).
◉ Se preferisci sviare da tutte queste zone (o se sei costretto a farlo), vai a (???).

⚠ ATTENZIONE ⚠
Il testo viene letto partendo dal paragrafo (1), dopodiché si sceglie un'opzione e viene letta quella. Non leggere il testo semplicemente scorrendo la pagina verso il basso, ma SEGUI LE INDICAZIONI date!
(2) È suggestivo vedere lo sciame di mezzi a cuscini d’aria, o quelli antigravitazionali per chi può permetterseli, districarsi in una tale aberrazione metropolitana senza mai impattare su di nulla. Dev’essere che sono tutti su di giri, strafatti al midollo, coi riflessi più che pronti. Comunque, c’è da ringraziare loro se talvolta penetrano dei bagliori, e seppure ad intervalli riesci a muoverti nell’abisso. Eri quasi sul punto d’acquistare una buona dimestichezza tra lo stare fermo e il riprendere la giudiziosa traversata, quando finalmente una luce fissa palpita nelle ombrose retrovie. Definirla fuori dall’ordinario è dire poco. La segui, non avendo altri piani... ‘Arte Moderna’ - recita l’insegna con i led. Così a naso, ti suona come una copertura per degli affari scottanti: “Non prendiamoci in giro. Una mostra artistica? Da queste parti? Come un’oasi nell’inferno...” L’intuito di rado fa cilecca nel tuo caso, così ti allontani. Dopo appena tre minuti di inconcludente passeggio, però, sei di nuovo là davanti, ancora stregato dalla scoperta. C’è un unico modo per sincerarsi di cosa si tratti, e non sta nel riflettere. Se entri, vai a (3). Sennò, (1).
(4) Il gradevole ticchettio di ingranaggi lignei si fonde a una melodia soffusa di pianoforte, il cui flebile sottofondo consiste in tocchi e riverberi di un vibrafono che sembra sceso dal cielo. Le sonorità di calmante bossa nova ti accompagnano in un posto altrettanto ameno, dove permea l’odore di gesso. Una pletora di riproduzioni e caricature di alieni stanno qui a fare da esche per l’umidità, il che è un vero peccato. Più ti perdi nei lunghi corridoi, più le opere tendono a un verde malaticcio che effonde sentori di muffa. Non avendo alcuna intenzione di vedere né sentire oltre, fai ritorno nell’ascensore, alla fine del paragrafo (3).
(5) Durante la discesa, la musica d’ascensore assume una forma difettata. Scende di due o tre ottave, facendosi solenne e discordante. Non appena il portello si apre e dà la vista a un corridoio illuminato ad intermittenza, allora la traccia si incanta, ripetendo costantemente il medesimo ritornello. Puoi ascoltarne il fievole eco anche da lontano, quando stai ad esaminare gli inusitati dintorni di vere opere d’arte. Puntano a un realismo disarmante con le loro scale uno a uno e i pigmenti vividi, i quali, unitamente agli stampi di ottima fattura, stanno a raffigurare delle razze esistenti. La spiacevole impressione di aver a che fare con esemplari tassidermizzati, tra cui anche della tua stessa specie, cresce a dismisura quando ne sfiori uno... Ed è lì che senti un battito cardiaco. Chissà se sono solo le tue paranoie a soggiogarti nei momenti meno opportuni. Quel che sia, sia; ma nutri l’estremo bisogno di andartene e, fino a prova contraria, non c’è nessuno a biasimarti. Rientri nell’ascensore, ora silente, a (3).
(6) L’ascensore è curiosamente quieto. Non si ode un cigolio né altro, tant’è che ti chiedi se si stia muovendo davvero. Scorrono dei minuti interminabili, quand’ecco che il portello si solleva in maniera irruente, ma solo per metà. Dabbasso, una sostanza giallognola e viscosa come la flegma vi rimane appiccicata e lo tiene mezzo chiuso. Ti rimbocchi le maniche di malavoglia, aprendo un varco mentre che tieni a bada i conati di vomito. Il reflusso si propelle in gola e pare un torrente che sferza sulla diga; come dare torto al tuo stomaco? La consistenza filamentosa si imbriglia nelle dita e sotto le unghie, e giust’appena ne laceri il tendaggio, ecco che allora sopravanza una zaffata di carne andata a male, lasciata in ammollo nei suoi brodami e bollita solo con mesi e mesi di afa ambientale. Avanzando a carponi da quella parte, tuttavia, delle carcasse macellate non ne vedi l’ombra. Da dove proviene quel denso fetore, e questo simil-muco? Non ricevendo risposte in nessuno dei corridoi, che, peraltro, sono sempre più vuoti, punteggiati di gomiti e biforcazioni, decidi saggiamente di tornare dentro l’ascensore, a (7).

(7) Le fodere sono state sdrucite. Gli specchi, frantumati e incrostati di lardo, o qualcosa di simili reami. Cos’è più bizzarro è un fil di ferro spinato dove si trovavano i corrimano. Anche le lampade a incandescenza non ci sono più. Si potrebbe dare la colpa a qualcuno o a qualcosa che ti gioca degli scherzetti elaborati, ma... Niente e nessuno avrebbe potuto metterli all’opera in un periodo di tempo così ristretto. Te n’eri andato per meno di cinque minuti, dopotutto. A rigor di logica, se è impossibile che un’entità esterna abbia combinato una serie significativa di cambiamenti, allora deve averlo fatto la struttura stessa, la quale ti propina un’esperienza voluta da lei, con una cabina nuova. Questa è senza dubbio l’ipotesi più fantasiosa, e detto sinceramente, non te la bevi... Dev’esserci sotto qualcosa. La mente arde di spiegazioni logiche ed il solo pensare ad una piega anomala del suo fato la pone in seria difficoltà. In ogni caso, quando ti volti e guardi il tastierino, essa si fa febbricitante e perde il contatto con quel che c’è di vero, perché la plancia, non è più la stessa. È di un metallo di scarsa qualità, pervaso dalla ruggine, con moltissimi tasti fuori uso. In pratica, se ne salva uno solamente;
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B4 (4° Piano Interrato). Vai a (???).
(Continua sul libro "Il Viandante Cosmico • Il Libro Dove *TU* Sei Un Pezzente Spaziale")
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